Orizzonti di pietra – Guido Villa

Dal 14 aprile al 27 maggio 2007

L’amore per la montagna e l’esplorazione, la passione per le scalate e le arrampicate e soprattutto la passione per i climi psicologici del mondo della montagna, hanno dato vita ai lavori esposti in mostra, considerati tra i più impressionanti, sicuramente tra i più persuasivi, dell’intero corpus dell’artista piemontese.

“E’ così che ho cominciato a ricordare”, scrive Villa, “i grandi ghiacciai, a ricostruirli nella mia memoria prima, sui fogli da disegno e sulle tele poi. Questi spazi immensi, dove i crepacci, questi lunghi solchi, mi ricordavano le rughe di un volto umano. E ogni ruga aveva un significato ben preciso. Era unico. La grande forza della natura sta nella sua unicità.”

Crepacci, spaccature, seracchi e frantumazioni di ghiacci e fenditure gelate, crolli e corrugamenti, estrusioni, morene, cavità, picchi, baratri… Questi fantastici paesaggi d’alpe e di ghiacciaio si spalancano dinnanzi all’occhio del riguardante come per un silenzioso e immobile terremoto, pulsanti di luci nebbiose e di riflessi lividi, avvolti in una loro definitiva malinconia di abissi e di pietrose disgregazioni minerali. Le montagne di Villa sono come tracce visionarie di pensiero, brani di poesie scritte con i graffi del colore e del segno. Non sono lacerti di paesaggio, non sono il frutto dello sguardo di chi dipinga au motif, come facevano gli impressionisti a passeggio con la loro cassetta di colori e cavalletto. No. Tutto avviene, nell’allarmato ribollire emozionale-razionale della memoria, nella ricostruzione fantastica di una mente impressionata dagli echi che le cose e i luoghi lasciano incisi nell’animo, nell’attimo di grazia tra forma e sentimento quando e dove, sulla tela o sul foglio, come scriveva Graham Sutherland, “il misterioso e l’intangibile vengono resi evidenti e tangibili”. Giorgio Seveso

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